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STORIE MONDIALI: #ArgentinaNigeria, vecchi nemici di nuovo a duello

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Storico duello: Argentina - Nigeria, quella volta che costò la carriera a Maradona (foto: la rete)

Storico duello: Argentina – Nigeria, quella volta che costò la carriera a Maradona (foto: la rete)

«La vita è quello che ci accade tra un Mondiale e l’altro» avrebbe detto John Lennon se fosse stato argentino. Nel paese con la comunità ebraica più grande dell’America latina, gli esoterici cultori della cabala – dall’ebreo qabbalah, “ricevere” – affondano le mani nel fango del futbol cercando di trovare un senso a qualcosa che senso sembra irrimediabilmente non averne.

Domani è la volta di Argentina-Nigeria, la sfida infinita che risveglia i fantasmi di un intero popolo: alle 13 locali, nello stadio Beira Mar di Porto Alegre, Leo Messi – che oggi compie 27 anni, uno in più rispetto al Maradona di Messico ’86 – si ritroverà di fronte lo stesso Vincent Enyeama che il 12 giugno del 2010 a Johannesburg gli negò la gioia del gol in ripetute occasioni: nonostante il precoce 1 a 0 di Heinze, il portiere africano sarà eletto uomo partita grazie ai miracolosi interventi sulle molteplici prodezze della Pulce, che abbandonerà il Sudafrica senza nemmeno un gol all’attivo.

La prima volta dell’Albiceleste contro le Aquile Verdi fu il 2 a 1 nelle eliminatorie del mondiale statunitense, il 25 giugno 1994: nella mente e nel cuore di ogni argentino non c’è spazio per la doppietta di Claudio Caniggia, ma solo per l’istantanea di Diego Armando Maradona che abbandona sorridente il rettangolo di gioco dello stadio Foxboro di Boston, mano nella mano con la bionda infermiera che lo condurrà all’ultimo test antidoping della sua carriera. «Sai come la “vaccino” a questa gorda?» grida il 10 alla moglie Claudia in tribuna, che esplode in una risata euforica. È l’inizio della fine.

La gorda in questione, Sue Carpenter, nata a Los Angeles, sposata e divorziata per pura casualità proprio con un argentino, sarebbe diventata il volto della “Congiura dell’Infermiera”, la teoria cospirativa anti-Maradona e anti-Argentina più famosa dell’ultimo ventennio. Sebbene fosse il protocollo consueto di quel mondiale, insolito sembrò infatti che un’infermiera potesse varcare la linea di gesso per scortare un giocatore – e non uno qualunque – fino al prelievo delle urine: «La gordita l’ha mandata la FIFA» è da allora il leitmotiv di chi quel pomeriggio non l’ha mai digerito.

In ambulatorio Maradona incontra Efraim Ekoku, il mastino dalla pelle d’ebano che dopo averlo inseguito e picchiato per 90 minuti gli chiederà la maglia: «hijodeputa, guarda cosa mi hai fatto – risponderà Diego indicando i segni delle sue entrate sugli stinchi – sei un cane, ecco cosa sei». Ride Ekoku, che non capisce lo spagnolo, e ride Diego, sicuro della sua negatività al test. Ha appena dimostrato di essere ancora all’altezza del mito dell’86: tonico e senza un filo di grasso, a segno di prepotenza nel match contro la Grecia – il gol gridato nell’obiettivo della camera a bordo campo in quella famosa ultima esultanza – e malizioso quanto basta per servire furtivamente la palla gol decisiva al “figlio del vento” Caniggia.

«Efedrina» dirà il referto medico. «Mi hanno tagliato le gambe» commenterà Maradona affranto, il 30 giugno, dopo aver ricevuto la squalifica – parole da allora immortali alla pari di quei «succhiatelo» e «continuate a succhiarlo» pronunciati in conferenza stampa anni dopo, come DT della selecciòn. «Dolore» titolerà l’indomani il quotidiano Pagina12, come esattamente vent’anni prima lo aveva fatto il giornale Noticias dei Montoneros in seguito alla morte del generale Juan Domingo Peròn. Il dramma argentino è servito. Il 25 giugno 1994 diventa per l’Argentina calcistica l’inizio di un interminabile tunnel fatto di illusioni e sogni di gloria, frustrati troppo spesso dalla sorte avversa più che dai propri demeriti.

Se la finale olimpica del ’96 contro Zanetti Crespo e Ortega andrà alla Nigeria – 3 a 2 per gli africani sul filo di lana – nella fase a gruppi del mondiale di Giappone e Corea 2002, Batistuta farà in tempo a firmare un timido 1 a 0, prima che Inghilterra e Svezia decretino l’eliminazione del gruppo stellare guidato da Bielsa. Nel 2005, la finale del mondiale sub 20 disputato in Olanda finirà 2 a 1 per l’Argentina, con doppietta di quel silenzioso e introverso Leonel Messi coronato capocannoniere del torneo con la maglia numero 18, mentre nel 2008, alle Olimpiadi di Pechino, sarà Angel Di Maria a decidere le sorti della finale, rivincita della sconfitta del ’96.

Dopo l’1 a 0 siglato in tuffo da Heinze in Sudafrica nel 2010, una nota di merito spetta infine all’amichevole giocata il 1° giugno 2011 nello Stadio Nazionale di Aduja, in Nigeria, finita 4 a 1 per i padroni di casa e diretta dal signor Ibrahim Chaibou, del Niger, ribattezzato dalla stampa argentina “L’arbitro che faceva gli straordinari”, per la sua propensione a decretare tempi di recupero biblici nei quali fischiare rigori discutibili.

Al 90° minuto di un’amichevole senza pretese, l’Argentina allenata da Sergio Batista è sotto di 4 a 0: al minuto ’97, ben oltre i ‘5 minuti di recupero stabiliti, il signor Chaibou vede in area nigeriana un fallo di mano di Efe Ambrose, difensore centrale del Celtic di Glasgow, che incredulo guarda i suoi compagni di reparto. Il fatto, nel gergo giuridico, non sussiste, e Mauro Boselli segna dal dischetto il gol della bandiera Albiceleste. 4 a 1 e partita archiviata, se non fosse per l’assurda e sospetta impennata delle scommesse a favore di una quinta rete, rilevata qualche minuto prima dagli osservatori della FIFA. A dicembre 2011 Ibrahim Chaibou appenderà il fischietto al chiodo: Nigeria-Argentina 4 a 1 fu l’ultimo dei suoi match da protagonista, dopo un 2010 vissuto pericolosamente, dirigendo a suo modo, tra recuperi generosi e finali rocamboleschi, incontri come Sudafrica-Guatemala, Bahrein-Togo, Bolivia-Venezuela ed Ecuador-Venezuela.

Domani l’arbitro sarà il bolognese Nicola Rizzoli, in campo nella recente debacle spagnola di fronte all’Olanda. I precedenti riguardano l’arbitraggio di Pierluigi Collina nella finale olimpica del ’96 e le sviste di Pierluigi Pairetto in Romania-Argentina 3 a 2, il 3 luglio 1994 a Los Angeles, errori che valsero al fischietto italiano le critiche di Blatter e la sua inevitabile uscita anticipata dal mondiale statunitense: la Congiura dell’Infermiera era comunque già andata in scena e nessuno all’epoca, almeno nella terra della cabala, gridò allo scandalo.  


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